La casa dei pensieri

29.8.12

La "cifra" di Giuseppe Bertolucci



Sono passati poco più di due mesi dalla scomparsa di Giuseppe Bertolucci, e nessuno lo ha dimenticato, come regista e come presidente della Cineteca, dal 1997 al 2011. «Era capace di rivelare il nascosto della società», dice Vittorio Boarini, docente e per anni direttore della Cineteca. «Uno sperimentatore di territori inediti, per il quale era difficile lavorare nel cinema italiano contemporaneo», secondo Gianluca Farinelli della Cineteca, che con Bertolucci ha lavorato 11 anni. «Un generoso che diceva sì a tutto, sicuro di poter trarre il meglio da ogni artista», per Vincenzo Cerami. D’altronde, ricorda la scrittrice Grazia Verasani, «in lui era radicato l’ottimismo della volontà».
La serata dedicata a Giuseppe Bertolucci da Casa dei Pensieri alla Festa de l’Unità, martedì sera, è stata l’occasione per una riflessione sul suo lavoro e sulla sua persona. Per tutti era un uomo generoso, gentile, ma soprattutto curioso e attento. «Sono stata nel cda della Cineteca quando Giuseppe era presidente. Seppi che era curioso di conoscermi, mi chiese i miei libri, e io pensavo a un atto cortesia, poi invece mi chiamò per parlarne. Li aveva letti! E io ne ero felice perché ammiravo il suo cinema, così pieno di amore per le donne, che sapeva dirigere come attrici e amava come personaggi».
Eppure i suoi film avevano problemi. Soprattutto al botteghino: «con Troppo sole, il film con Sabina Guzzanti, spiazzò perché non faceva ridere, fu un disastro commerciale ma anche un ritratto potente», ricorda Farinelli. Ma c’erano problemi anche nell’elaborazione dei film. E parlandone, Cerami, suo amico da una vita («avevamo un rapporto straordinario, nato quando era un ragazzino, e io andavo da suo padre Attilio per portargli i miei scritti»), affronta la cifra di Bertolucci.
«Era acuto, intelligente, tollerante, senza moralismo, aperto alle cose che accadevano, anche se costumato dal punto di vista politico, legato al Pci. Era curioso dei linguaggi, nato come pittore, bravissimo, poi diventato poeta e regista. Aveva un fratello importante, Bernardo, ma lui aveva una cifra sua. Con lui ho lavorato a Segreti segreti e Cammelli. Parlava in termini teorici, di idee e concetti, e dovevo tirarlo per la giacchetta perché io avevo bisogno di vedere qualcosa, un’azione, per scrivere la sceneggiatura. Mi sembrava che desse poca attenzione al racconto, lui voleva scappare dallo sguardo reale del cinema. Portava i personaggi quasi alla caricatura, pur di sottrarsi alla realtà della macchina da presa».
Questo rapporto con la “realtà” del cinema è la cifra, secondo Cerami. «Bertolucci era un comunista, ma l’ideologia non gli apparteneva. Erano gli anni della psicanalisi, di Lacan e Althusser, della decostruzione del marxismo, e lui era un grande esperto di psicanalisi, cioè del mondo del segreto degli uomini. Voleva raccontare la realtà lavorando sui lapsus. I suoi personaggi parlavano riferendosi alla psiche, che non è fotografabile. Si parlavano per codici indecifrabili e non narrabili cinematograficamente. Codici che solo lui conosceva. Ma doveva fare i conti con la drammaturgia, e in questo l'ho aiutato».
Regista e poeta, dice Cerami, e a quest’ultimo aspetto, letterario, dedica attenzione Farinelli. «Del poeta aveva la forza delle parole, la capacità di sintesi, in ogni cosa. Far progetti con lui era formidabile, era un presidente esigente, scommetteva sul bello, tra classico e territori nuovi, ideando cose come Schermi e lavagne, rilanciando i film in versione originale, sostenendo l’area didattica e gli incontri, in anni in cui si diceva ancora “no il dibattito no!”». E per far ascoltare di cosa era capace, con le parole, legge un suo testo. Non una poesia, ma quello che scrisse per il lancio delle tessere “Amici della Cineteca di Bologna”:
“Il cinema è un piacere, il cinema è un diritto, il cinema è per tutti, neri, bianchi, gialli, geniali, intelligenti, cretini, uomini, donne, gay, asessuati, giovani, vecchi, adolescenti, bambini, poveri, ricchi, borghesi proletari, grassi, magri, calmi, depressi, euforici, cristiani, buddisti, musulmani, induisti, atei, laici, agnostici, buoni, cattivi, di destra e di sinistra, il cinema è un grande amico, ricambia la sua amicizia, meglio un grande amico che un grande fratello”.
Da Caffè letterario, Alberto Sebastiani La Repubblica