La casa dei pensieri

3.8.22

DEDICATA AD ANDREA CANEVARO CASADEIPENSIERI 2022. 7 PREMIATI NELLE VARIE SEZIONI DEL PREMIO "Targa ricordo di Paolo Volponi".

 Casa dei pensieri nota stampa

...................................................................................

Associazione culturale "La casa dei pensieri"
Bologna 1987. Da un'idea di Paolo Volponi

Alessandro Bergonzoni
Alberto Melloni    
Paola Pallottino
Piero Mioli
Mattia Pajè
Wanda Benatti
 Carla Muzzioli Cocchi   

Andrea Canevaro



DEDICATA AD ANDREA CANEVARO CASADEIPENSIERI 2022.

7 PREMIATI NELLE VARIE SEZIONI DEL PREMIO "Targa ricordo di Paolo Volponi".

 

La "Targa ricordo di Paolo Volponi" premia ALESSANDRO BERGONZONI e, nelle diverse sezioni particolari:

VOLPONI ARTE Wanda Benatti e Mattia Pajè,

VOLPONI STUDIO Alberto Melloni, Piero Mioli, Paola Pallottino,

VOLPONI CIVISMO Carla Muzzioli Cocchi.



 Casadeipensieri 2022 si intitola

“L’arte dell’incontro”.

E' la 32°edizione ed è dedicata ad Andrea Canevaro

Si svolgerà dal 25 Agosto al 18 Settembre, al Parco Nord, Festa de l'Unità Bologna.
Si tratta di una delle più longeve tra le grandi
manifestazioni dell'estate culturale italiana.
La rassegna è dedicata al ricordo del prof. Andrea Canevaro, il pedagogista dell’inclusione,
uno dei protagonisti dell’innalzamento dei diritti e della civiltà sociale dell’Italia, scomparso nel maggio di quest’ anno.

  Ventisei sono invece gli anni della

 "Targa ricordo di Paolo Volponi".

Il riconoscimento è diventato uno dei più significativi della vita culturale della città e del Paese.

Quest'anno la Targa Volponi si articola maggiormente in più sezioni.


Le sezioni del Premio.

 

La "Targa ricordo di Paolo Volponi" premia ALESSANDRO BERGONZONI,

VOLPONI ARTE Wanda Benatti e Mattia Pajè,

VOLPONI STUDIO Alberto Melloni, Piero Mioli, Paola Pallottino,

VOLPONI CIVISMO Carla Muzzioli Cocchi.

 

In sintesi sette vincitori.

 

...................................................................

Date delle manifestazioni 

della Targa Volponi 2022.

SI SVOLGONO TUTTE AL PARCO NORD.

30 agosto Mattia Pajè, ore 21

1 settembre Carla Muzzioli Cocchi, ore 21

8 settembre Alberto Melloni, ore 21

9 settembre Piero Mioli, ore 20.30

9 settembre Wanda Benatti, ore 22

11 settembre Paola Pallottino, ore 21

16 settembre Alessandro Bergonzoni, ore 21

.……………………………………………………………

 

Questo l'albo d'oro delle nostre manifestazioni premiali:


1997 Alda Merini
1998 Francesco Leonetti
1999 non assegnato
2000 Dacia Maraini
2001 Guido Guglielmi
2002 Alberto Asor Rosa, Carlo Lucarelli
2003 Laura Betti, Andrea Camilleri
2004 Luis Sepulveda
2005 Giuseppe Bertolucci [Premio Oliviero Parma Asppi 2005 a Claudio Lolli]
2006 Piera Degli Esposti [Premio Oliviero Parma Asppi 2006 a Folco Portinari]
2007 Mario Monicelli
2008 Arnoldo Foà
2009 Enzo Jannacci, Melania Mazzucco, Eugenio Riccomini
2010 Vincenzo Cerami, Edith Bruck
2011 Ezio Raimondi, Marco Bellocchio, Liliana Cavani
2012 Andrea Emiliani, Gualtiero Bertelli, Giovanna Marini
2013 Vasco Bendini, Pirro Cuniberti, Guenther Wallraff
2014 Pier Paolo Calzolari, Concetto Pozzati, Vittorio Franceschi, Otello Ciavatti
2015 Giancarlo Piretti, Luigi Ontani, Marina Mizzau, Luca Caccioni
2016 Wolfango, Nino Migliori, Vittorio Giardino, Paola De Donato
2017 Sergio Zavoli, Mauro Felicori, Mario Nanni, Bruno Raspanti. Targa biennale speciale Casadeipensieri: Pupi Avati, Paolo Fresu
2018 Niva Lorenzini, Gad Lerner, Lella Costa, i pittori Sissi e Maurizio Bottarelli.

2019 Francesco Guccini, Mino Milani, Paolo Valesio, Valerio Evangelisti, Eva Marisaldi, Mirta Carroli, Bruno Tognolini. Targa biennale speciale Casadeipensieri: Bruno Segre

2020 Romano Prodi, Valerio Varesi, Giorgio Zagnoni, Alberto Bertoni, Anna Girolomini, Franco Cerri.

2021 Angus Deaton e Ann Case, Raul Zurita, Pino Cacucci, Marcello Fois, Gian Mario Anselmi, Rolando Dondarini, Virginia Argentero, Vincenzo Satta, Volponi civismo “I volontari della Fondazione Sant’Orsola”.

BIOGRAFIE

Alberto Melloni

La formazione di Alberto Melloni si è svolta tra Università di Bologna, Cornell University e Università di Friburgo. Successivamente ha insegnato nelle Università di Bologna e di Roma Tre ed è attualmente ordinario di Storia del cristianesimo all'Università di Modena-Reggio Emilia, titolare della cattedra UNESCO sul pluralismo religioso e la pace dell'Università di Bologna. Dirige la Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna.

Ha lavorato alla Storia del Concilio Vaticano II diretta da Giuseppe Alberigo, e ha diretto l'Edizione nazionale dei diari di A.G. Roncalli (Istituto per le scienze religiose, Bologna 2003-2008), il Dizionario del sapere storico religioso del 900 (Il Mulino, Bologna 2010) e Cristiani d'Italia. Chiese, stato, società 1861-2011 (Treccani, Roma 2011).

Cura in Fondazione il progetto di edizione critica Conciliorum oecumenicorum generaliumque decreta per il Corpus Christianorum, l'edizione digitale dei concili di tutte le chiese di tutti i tempi nel progetto Mansi3, il network di ricerca europeo su papa Pio XI per la parte Chiesa e fascismo e l'Enciclopedia costantiniana della Treccani. Ha diretto Benedetto XV. Papa Giacomo Della Chiesa nel mondo dell'inutile strage, 2 voll., e Lutero. Un cristiano fra riforme e modernità, 2 voll.

È socio dell'Accademia dei Lincei, socio onorario dell'Accademia Rubiconia, assessore dell'Académie internationale des sciences religieuses, membro del comitato scientifico dell'Enciclopedia Italiana, del comitato dei garanti delle celebrazioni del 150º anniversario dell'unità d'Italia, dell'executive board delle JPI Cultural Heritage dell'Unione Europea, del board della fondazione Refo500, della direzione del Dizionario biografico degli italiani, del consiglio internazionale della Revue d'histoire ecclésiastique di Lovanio, della Schweizerischen Zeitschrift für Religions- und Kulturgeschichte di Friburgo e di Studia Historiæ Ecclesiasticæ della University of South Africa.

Collabora a La grande storia di Rai 3 e ad approfondimenti del canale Rai Storia. Ha creato e conduce Il Sabbatico su Rainews24 dal 2015. Dal 2000 al 2015 ha scritto per il Corriere della Sera; dal 2016 è editorialista per La Repubblica. È stato membro del comitato scientifico del programma televisivo Rai 3 Il tempo e la storia dal 2013 al 2017 e in seguito in quello di Passato e presente[6], programma della stessa rete con replica su Rai Storia.

Melloni è stato uno dei principali contributori della ricerca storiografica sul Concilio Vaticano II condotta dalla cosiddetta "scuola di Bologna", che si è mossa nell'alveo dell'ermeneutica della discontinuità. Essa è stata generalmente considerata in contrasto con l'orientamento di papa Benedetto XVI, espressione della posizione ufficiale della Chiesa cattolica, sostenitore dell'ermeneutica della continuità, secondo cui: L'ermeneutica della discontinuità rischia di finire in una rottura tra Chiesa preconciliare e Chiesa postconciliare. D'altra parte, alcuni studiosi vicini alla "scuola di Bologna" notano come nelle parole del papa (ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità) l'accento non batta esclusivamente sull'elemento della "continuità". Lo stesso Melloni sostiene che, nella tesi ratzingeriana della continuità e riformala congiunzione e... quella parolina riforma siano impossibili da memorizzare per coloro che vorrebbero fare di Ratzinger l'emblema di un pentimento anticonciliare e del suo papato il piedistallo di rivincite ancor più laceranti di quelle che hanno toccato la liturgia.

 

Paola Pallottino

Figlia dell'etruscologo Massimo Pallottino, prima di dedicarsi a tempo pieno allo studio della storia dell'illustrazione e dell'immagine riprodotta, è stata illustratrice lei stessa.

Tra il 1966 e il 1976 ha lavorato per le case editrici Ponte Nuovo, Emme Edizioni, ZanichelliMarsilioSansoni e Rizzoli, scrivendo e illustrando storie per l'infanzia (Maria Moll CapperoWeekendLa barca) e testi scientifici. Appassionandosi ai problemi della raffigurazione scientifico-divulgativa, ha illustrato oltre una ventina di testi di geografiamatematicapsicologiamedicinabiologia e sscienze naturali, tra cui 600 animali per la zoologia del Nuovo Zingarelli.

Parallelamente alla frequentazione con il mondo delle arti figurative (il padre Massimo Pallottino è stato direttore dell'Enciclopedia Universale dell'Arte), Paola Pallottino ha coltivato la passione per la scrittura e la poesia, incoraggiata dallo scrittore Aldo Palazzeschi, vicino di casa nel grande Palazzo, che il marchese Giuliano Capranica del Grillo aveva regalato alla moglie, l'attrice Adelaide Ristori.

È dopo il matrimonio nel 1962 con l'architetto Stefano Pompei (figlio dell'illustratore Mario Pompei), durante una trasferta a Tunisi, che avviene la scoperta dei cantautori francesi Georges Brassens e Jacques Brel, iniziando così a scrivere poesie in forma di canzone.

Nel 1971, cinque anni dopo il suo definitivo trasferimento a Bologna, ha inizio il sodalizio artistico con Lucio Dalla, per il quale scrive il testo di 4 marzo 1943, unitamente ad altre canzoni come Il gigante e la bambinaIl bambino di fumoUn uomo come me e Anna Bellanna.

Come paroliera, nel 1971 ha collaborato ai testi con il cantante-attore Silvano Pantesco (che li musicherà), per il disco Bianco come la neve rosso come il sangue, (canzoni sull'emarginazione e violenza sull'infanzia). Nel 1974 ha firmato le parole di Donna circo, disco a tematica femminista, musicato e cantato da Gianfranca Montedoro e pubblicato dalla BASF, e nel 1994 i testi di Giovanna d'Arco e La ragazza e l'eremita, incise da Angelo Branduardi nell'album Domenica e lunedì. La carriera di paroliera è comunque passata in secondo piano e Paola Pallottino, allontanandosi progressivamente anche dalla originaria professione di disegnatrice e dedicandosi stabilmente allo studio dell'illustrazione.

Il primo significativo contributo in questo settore lo ha fornito nel 1978, quando per la casa editrice Nuova Cappelli ha ideato e realizzato la collana Cento anni di illustratori: nove volumi, (supportati da un ricco apparato iconografico) dedicati alle grandi ‘matite’ del secolo, da Sergio Tofano a Mario Pompei, da Antonio Rubino a Golia. Tra gli autori delle introduzioni che aprono otto dei nove volumi spiccano i nomi di Giulio Carlo ArganPaolo PoliFederico Fellini e Mario Luzi.

La sua attività di studiosa l'ha portata a pubblicare negli anni successivi libri, saggi, prefazioni e introduzioni, recensioni, articoli e voci per enciclopedie e dizionari, contribuendo in modo fondamentale alla nascita e alla sistematizzazione di una nuova disciplina, la storia dell'illustrazione. 

Tra le opere fondamentali, va segnalata la Storia dell'illustrazione italiana, pubblicata da Zanichelli nel 1988. Il volume offre per la prima volta uno sguardo d'insieme sul percorso che l'immagine riprodotta ha compiuto in Italia, dalla xilografia all'invenzione della litografia fino alle più moderne tecniche di stampa.

Dal 1992 al 2005 è stata direttrice del "Museo dell'Illustrazione - Centro studi sull'immagine riprodotta" con sede a Ferrara, organizzando in tredici anni di attività numerose mostre collettive e monografiche.

Insieme alla ricerca, Paola Pallottino ha svolto anche un'intensa attività accademica: dal 1982 al 1992, chiamata da Renato Barilli (ordinario della cattedra di Fenomenlogia degli stili) come professore a contratto, ha insegnato Storia dell'illustrazione contemporanea presso il DAMS di Bologna. Nel 1998 è diventata professore associato presso l'Università di Macerata insegnando storia dell'arte contemporanea, mentre oggi insegna storia dell'illustrazione all'Accademia di belle arti di Bologna.

Nel 2010, la Storia dell'illustrazione italiana viene ripubblicata, con l'aggiunta di nuovi repertori iconografici e bibliografici, dalla casa editrice Usher.

Nel 2013 è protagonista del documentario La passione di Paola scritto e diretto da Michele Pompei e Elisa Satta (in collaborazione con Home Movies e Kiné).

 

Alessandro Bergonzoni

(Bologna 1958) artista, autore e attore teatrale. Dal 1982 ha scritto e interpretato 15 spettacoli, imponendosi come uno degli autori più originali e amati del teatro contemporaneo. Ha vinto il Premio UBU nel 2009 come migliore interprete maschile nel teatro italiano, il premio Hystrio nel 2008 e il Premio della Critica 2004/2005. Al cinema ha partecipato al Pinocchio di Roberto Benigni e al Quijote di Mimmo Paladino. Ha collaborato con Radio2 e Radio3 Rai e con le principali testate giornalistiche. Scrive per il Venerdì di Repubblica, dove da anni tiene una rubricadal titolo "Aprimi Cielo",e Robinson.

Ha debuttato come scrittore con Le Balene restino sedute (Palma D’Oro 1990 a Bordighera). Tra gli altri libri ricordiamo, Il grande fermo e i suoi piccoli andirivieni, Opplero – Storia di un salto tutti editi con Garzanti; Silences – Il teatro di Alessandro Bergonzoni (Ubu libri, 1997), Non ardo dal desiderio di diventare uomo finché posso essere anche donna bambino animale o cosa (Bompiani, 2005), Bastasse grondare (Libri Scheiwiller, 2009). Nel 2013 esce per Garzanti "L’amorte" il suo primo libro di poesia. Dal 2005 espone in gallerie e musei italiani la sua produzione artistica, creando anche performance site-specific.

Parallelamente al tour del suo ultimo spettacolo "Trascendi e sali" ha presentato in varie Pinacoteche Nazionali l'installazione performativa "Corpi del (C)reato ad arte (il valore di un'opera, in persona)".

Al percorso artistico unisce un interesse profondo per i temi legati al coma, alla detenzione e ai profughi tenendo incontri anche in ambiti ospedalieri e accademici.

Il suo sito è www.alessandrobergonzoni.it


Piero Mioli
Bolognese, Piero Mioli ha insegnato storia della musica al Conservatorio Martini, è consigliere dell’Accademia Filarmonica di Bologna e presidente della Cappella dei Servi, svolge attività di divulgatore e conferenziere.
Ha pubblicato numerosi saggi e volumi su Martini, Gluck, Rossini, Donizetti, il canto e la cantata, un manuale di storia della musica, “Giuseppe Verdi. Le nozze di musica e dramma”,
numerosi atti di convegno ed edizioni integrali dei libretti di Verdi, Mozart, Bellini, Rossini e Wagner. In quattro volumi e quasi 3000 pagine ha raccontato la storia dell’opera italiana nei suoi quattro secoli di vita.
Fra gli ultimi libri: L’opera italiana del Novecento (2018), Felsina cantatrice (2018), Gioachino Rossini in Bologna (2018) e, con Mursia, Il melodramma romantico (2017) e Invito all'ascolto di Rossini (2018) e il volume su “Donizetti: la figura, la musica, la scena”, del  2019, considerato fondamentale negli studi sul compositore bergamasco.


Mattia Pajè (Melzo, 1991) si diploma al dipartimento di Arti Visive dell’Accademia di Belle Arti di Bologna nel 2015. L’interesse di Pajè si concentra sui processi di produzione e di fruizione delle opere, il suo corpo di lavori, esteso e diversificato, comprende opere pittoriche, scultoree, installative, multimediali e performative. Nel 2016 si occupa della direzione artistica di LOCALEDUE, realtà no-profit per l’arte contemporanea a Bologna. Nello stesso anno co-fonda lo spazio Gelateria Sogni di Ghiaccio, seguendo la direzione artistica insieme a Filippo Marzocchi e realizzando oltre 25 tra mostre e progetti legati all’arte contemporanea visiva, sonora e performativa

Wanda Benatti
Nasce a Bologna, dove tutt’ora vive e lavora.
Diplomatasi all’Istituto Statale d’Arte di Bologna (è allieva dell’artista bolognese Pirro Achille Cuniberti), prosegue gli studi artistici ad Urbino alla Scuola Superiore di Grafica, dove si abilita all’insegnamento della grafica pubblicitaria. L’ambiente urbinate così ricco di pregnanze artistiche, il contatto con importanti Maestri dell’incisione contemporanea (Enrico Ricci su tutti) e l’amore per il Segno -sviluppatosi nel contatto con i grandi Pier Achille Cuniberti e Toti Scialoja – diventeranno poi elementi determinanti per la sua futura formazione artistica. Rientrata a Bologna, oltre a frequentare l’Accademia di Belle Arti, lo Studio Calcografico di Mario Leoni ed altri, inizia una lunga collaborazione con lo Studio di architettura di Glauco Gresleri, che per lei diventerà un’ulteriore e fondamentale nutrimento di conoscenza e di sviluppo, sia in campo artistico che in campo professionale.
In parallelo all’inizio dell’attività pittorica e la partecipazione a mostre, si intensifica l’attività allo Studio di architettura con la partecipazione a concorsi internazionali dove, sui progetti presentati interviene con sue rielaborazioni pittoriche. A questo proposito se ne ricordano alcune: recupero del quartiere dismesso de “La Villette” di Parigi // Triennale di Milano con il concorso “Le Città immaginate – Un viaggio in Italia – Nove progetti per nove città” // “Biennale d’Arte sacra” a Venezia con la presentazione dei progetti di complessi liturgici più importanti dello Studio Gresleri,
 a Vienna con il Concorso per il recupero e la riqualificazione urbana di una porzione del vecchio quartiere di “Teilgebiet B”// Negli ultimi due anni prima della chiusura definitiva, fa parte della Redazione di “Parametro” Rivista Internazionale di Architettura e Urbanistica // Di seguito, per “Bologna2000-Città della Cultura europea”, presenta, in sinergia con quello architettonico di Gl. Gresleri, un suo progetto artistico, di riqualificazione “etico estetico e sociale” dei Giardini Mitilini Moneta Stefanini al centro del vecchio quartiere Pilastro, denominato “Pilastro Nuova Age”.
Nel corso degli anni, affianca all’attività pittorica quella di progettazione ed esecuzione di vetrate artistiche esclusive – da lei chiamate “light paintings” – delle quali è unica autrice ed esecutrice. Attività che sviluppa nella collaborazione con architetti ed arredatori, e della cui parte iniziale è conservata documentazione fotografica presso il “Centre International du Vitrail” a Romont (Svizzera).
Sue vetrate e dipinti figurano in numerosi Enti Pubblici, Banche e collezioni private a Bologna, in Italia e all’Estero.
Hanno scritto di lei: Roberto Vitali, Glauco Gresleri, Giuliano Gresleri, Vladimiro Zocca, Romana Loda, Lorenzo Gresleri (Grelo), Carlo Milic, ltalo Medda, Luca Ginocchio, Antonio Sanna, Anna Trebbi, Sandro Malossini, Rafael Nunez Oneiros, Alda Merini, Letizia Rostagno, Francesca Gualandi.


Carla Muzzioli Cocchi
è nata a Bologna.   Ha studiato psicoterapia della Gestalt e ha svolto un’intensa attività professionale come psicologa e psicoterapeuta, in particolare nel mondo adulto e della coppia.  
La sua attività ha molto contribuito a far conoscere artisti e poeti di varie generazioni.
Ha promosso importanti iniziative e luoghi di divulgazione e studio.
Si ricordano T.I.R., negli anni ’90, e la cooperativa “Cartoleria 18”, diventata, oltrechè una sede professionale di psicoterapeusi, uno dei centri di animazione culturale più vivi nella città di Bologna.                                           Carla Muzzioli Cocchi ha pubblicato plaquettes di poesie e aforismi.  


Andrea Canevaro

(Genova, 19 settembre 1939 – Ravenna, 26 maggio 2022) è stato un pedagogista, editore e accademico italiano.
Professore emerito dell'Università di Bologna e studioso di prestigio internazionale, fin dagli anni settanta del XX secolo è impegnato sul fronte dell'inclusione sociale, con particolare attenzione ed interesse nell'ambito della disabilità e dell'handicap. È ritenuto il padre della pedagogia speciale in Italia, disciplina che lui stesso ha contribuito ad implementare e diffondere nel Paese. Il suo attivismo nei settori sopra segnalati e i grandi contributi dati con le sue ricerche e studi hanno fatto di lui una figura di riferimento riconosciuta a livello internazionale nel campo della pedagogia speciale e della disabilità.
 
Nato a Genova il 19 settembre 1939, Canevaro trascorre gran parte della propria vita in Emilia Romagna, regione dove si rende molto attivo a livello professionale e dove collabora con i servizi e col territorio, soprattutto nell'ambito dell'inclusione sociale e della disabilità. Le informazioni riguardo alla sua vita privata sono però molto scarse: nulla si sa della fase giovanile e degli aspetti più dettagliati del suo percorso di vita, se non con un taglio prettamente professionale. Alcuni eventi importanti della biografia del Nostro possono tuttavia essere delineati con più precisione considerando anni più recenti. Nel febbraio 2008, Canevaro subisce un'emorragia cerebrale che compromette le funzioni relative all'equilibrio: ciò gli fa perdere il controllo della percezione dello spazio e quindi la possibilità di muoversi con sicurezza controllando i movimenti. Si tratta di un problema serio ma, come Canevaro stesso sostiene ed esprime, è una forma di "disabilità" che lo avvicina ulteriormente alla realtà dell'handicap, ambito a cui ha dedicato i suoi studi ed energie per tutta la vita. Molto attivo professionalmente nel territorio romagnolo, nel maggio 2010 Canevaro riceve a Ravenna il "Premio Barbiana" per il grande contributo dato in campo inclusivo, e il 20 novembre 2013 ottiene la cittadinanza onoraria riminese sempre in virtù del grande apporto professionale e scientifico dato alla città. Il Comune di Rimini sottolinea in quella occasione come le motivazioni di tale merito trovino origine dal grande impulso che Canevaro ha dato, con i suoi studi e le sue ricerche, allo sviluppo del pensiero sui temi della disabilità, delle differenze e dei sistemi educativi a livello nazionale ed europeo. Dopo anni passati a Bologna, in virtù anche degli impegni professionali legati alla città, nel 2014 Canevaro torna a vivere e lavorare in Romagna.[10]
Percorso professionale
L'impegno lavorativo di Andrea Canevaro non si sviluppa fin da subito nell'ambito pedagogico: l'Autore svolge infatti studi umanistici, conseguendo una laurea in lettere e filosofia. L'avvicinamento all'ambito educativo avviene in un secondo momento, quando, ottenuta una borsa di studio presso l'Università di Lione, inizia ad occuparsi di ritardo mentale nell'infanzia e, in particolare, segue gli studi di Pedagogia Speciale del professor Claude Kohler. Inizia quindi a lavorare come educatore nel settore della devianza giovanile, proseguendo quindi ad operare in ambito pedagogico. Gran parte della esperienza professionale di Canevaro si svolge poi in ambito accademico: nel 1973 diventa docente di Pedagogia Speciale presso l'ex Facoltà di Magistero nell'Ateneo di Bologna e nel 1980 vince il concorso come professore di prima fascia di Pedagogia speciale. Viene quindi chiamato come straordinario presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell'Ateneo di Bologna, per poi diventare successivamente professore ordinario presso lo stesso Ateneo. Il percorso all'interno del mondo accademico continua: dal 1980 al 1983, Canevaro è Presidente del Corso di laurea in Pedagogia e nel 1987 è nominato Direttore del Dipartimento di Scienze dell'Educazione dell'Ateneo di Bologna. L'Autore sostiene tale ruolo per due mandati, fino al 1996, per poi essere nuovamente incaricato nel 1999, per altri due mandati. Nel 2002 Canevaro viene nominato delegato del Rettore dell'Ateneo di Bologna per gli studenti disabili e negli anni accademici dal 2002/03 al 2006/07 diventa docente del corso "Scienze pedagogiche e riabilitazione", ora ormai disattivato, presso il Corso di laurea in Fisioterapia della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli studi di Bologna. Ottiene poi un impegno come valutatore di progetti di ricerca per l'Université de Montréal (Canada) e di Lione. Il percorso professionale di Canevaro non comprende però solo riconoscimenti ed attività accademiche. Parallelamente agli impegni professionali finora riportati, iniziano le attività a livello editoriale: l'Autore diventa condirettore di "Educazione Interculturale" e "L'integrazione Scolastica e Sociale", ed è inoltre direttore di riviste edite da Erickson e membro di comitati scientifici editoriali. Canevaro opera inoltre come coordinatore del gruppo tecnico-scientifico del progetto di tutela e reinserimento di minori con disabilità fisiche e psichiche e promozione di imprenditorialità sociale in Bosnia-Erzegovina. Nel frattempo, proseguono le ricerche e l'impegno sociale e scientifico dell'Autore: le molte opere pubblicate in ambito pedagogico, con particolare riferimento alla realtà della disabilità, delineano pian piano la figura di Canevaro come esponente universalmente riconosciuto.[3][11] nell'ambito della pedagogia speciale in Italia. Il contributo del pedagogista ha favorito il lento e complesso processo verso la non esclusione sociale dei disabili, spronando il dibattito istituzionale e sociale in merito all'handicap. Dal settembre 2006, Canevaro inizia un'importante attività come direttore della Commissione Tecnico-scientifica dell'Osservatorio per l'integrazione dei disabili del Ministero della Pubblica Istruzione italiano. L'impegno dell'Autore non è limitato però solo all'ambito nazionale: Canevaro partecipa a diverse missioni di cooperazione internazionali, nella penisola balcanica, nella regione africana dei Grandi Laghi, in Bielorussia e in Cambogia. Ha all'attivo una vasta attività di ricerca e pubblicazioni (si veda il paragrafo Opere) ed è membro di associazioni scientifiche nazionali e internazionali. Martedì 28 ottobre 2014 Canevaro viene nominato professore emerito dell'Ateneo di Bologna dal Magnifico Rettore Ivano Dionigi.[12] È infine nel collegio dei docenti del Dottorato di ricerca in scienze Pedagogiche con sede presso il Dipartimento di Scienze dell'Educazione dell'Ateneo di Bologna e fa parte di commissioni di valutazione di Dottorato di ricerca presso l'Université Lyon 2.[13] L'Autore è attualmente professore a contratto presso la scuola di Psicologia e Scienze della formazione dell'Università di Bologna.
Il pensiero pedagogico
Di seguito, alcune tematiche fondamentali affrontate da Canevaro nella sua carriera professionale, essenziali per comprendere il pensiero pedagogico dell'Autore. Si tratta di contributi che hanno influenzato l'intero approccio alla disabilità e alla pedagogia speciale in Italia.
Canevaro e la pedagogia speciale
Il pensiero di Andrea Canevaro è strettamente collegato all'ambito della pedagogia speciale,[14] disciplina di cui il pedagogista è considerato il "padre".[3] in Italia e a cui dà una particolare interpretazione. Quando si parla di pedagogia speciale ci si riferisce ad un particolare ambito di ricerca pedagogica che si occupa dell'educazione di persone in condizione di disabilità. Proprio in virtù del delicato target a cui la disciplina si rivolge, secondo Canevaro la Pedagogia speciale deve in primo luogo rispondere ai bisogni della persona disabile in modo specifico e personalizzato, dando luce all'unicità di ognuno, anche a chi è interessato da disabilità. La Pedagogia speciale deve quindi primariamente cercare di valorizzare la differenza tra le persone e la loro unicità, in un'ottica di non esclusione sociale. Ciò significa essere in grado di riconoscere e valorizzare una diversità che può derivare da molti fattori, anche da un deficit, ma che è pur sempre fonte di ricchezza: il compito dell'educatore è quello di trovare i giusti strumenti e contesti per dare luce ad ognuno nella sua peculiarità. Nel fare ciò, vi è anche una complessa operazione sociale, volta al superamento delle barriere, anche psicologiche, che comunemente vengono erette nei confronti di chi è diverso. La pedagogia speciale deve operare con i propri mezzi per combattere l'esclusione sociale delle persone con disabilità: un'azione pedagogica di tale complessità, per essere efficace, deve essere interpretata in modo dinamico e interattivo, non statico, come una continua composizione elementi diversi. Non vi sono regole preformate e generalizzabili in pedagogia: ogni studente è diverso, unico, e l'abilità dell'educatore sta proprio nel trovare la via migliore per valorizzare la persone e la sua unicità. Si tratta di un approccio complesso alla pedagogia, esito anche degli influssi della corrente di pensiero chiamata pedagogia istituzionale, filone di pensiero di cui Canevaro è il principale esponente italiano e che dà particolare importanza alla creazione di contesti ed interventi personalizzati.[15] Un altro pilastro fondamentale[16] della prospettiva proposta da Canevaro risiede nell'approccio dinamico e flessibile alla disciplina: il compito della Pedagogia speciale, nella prospettiva sottolineata dall'Autore, è quello di connettersi con diverse discipline in modo da far nascere e diffondere una nuova visione e nuove pratiche nell'ambito della disabilità e, più in generale, delle differenze. La positività deve essere un elemento caratterizzante della Pedagogia speciale, che porta a leggere la situazione di handicap con un'ottica di miglioramento e inclusione.
Integrazione e inclusione
Un concetto strettamente collegato alla pedagogia speciale è sicuramente quello di "integrazione sociale", termine che va però contestualizzato e ben definito. Negli ultimi decenni del XX secolo, ciò che la pedagogia speciale italiana desiderava era raggiungere appunto l'integrazione delle persone disabili, un inserimento sociale volto a sconfiggere stereotipi, pregiudizi e segregazione nei confronti del diverso, elementi fino a non molti anni fa profondamente radicati. Infatti, fino alla seconda metà del '900, le persone con disabilità fisica e psichica erano solite vivere fin dalla prima infanzia in contesti separati rispetto ai percorsi dedicati alle persone normodotate: ai portatori di handicap erano riservate scuole speciali e istituti specializzati, ospedali psichiatrici, manicomi. L'integrazione si configura inizialmente come un'azione complessa, volta a combattere appunto la segregazione delle persone disabili, cercando di ridurre i dispositivi e i contesti che isolavano il "diverso" in spazi specifici. Si è cercato di "integrare" la persona disabile negli stessi luoghi dedicati ai cosiddetti "normodotati", cercando di far sentire anche chi era portatore di handicap parte della società. Ciò si è espresso in molti modi, con la chiusura degli manicomi, con la legge Basaglia (180/78), tramite l'integrazione scolastica e la chiusura delle scuole speciali, tramite l'abbattimento di barriere architettoniche e una sempre maggiore sensibilità verso il tema dell'handicap. Si tratta di un'operazione molto complessa, che impone un grande lavoro di revisione anche culturale e valoriale, un cambiamento di mentalità: a favorire il processo sono intervenute anche legislazioni specifiche e sicuramente la ricerca scientifica ha favorito ed aiutato questo percorso In questo clima di delicato mutamento e attivismo nella ricerca di una sempre maggiore integrazione per le persone disabili, l'impegno di Andrea Canevaro è stato di fondamentale importanza in ambito italiano: l'Autore si presenta come uno dei massimi esponenti nazionali sul tema, favorendo con il suo lavoro anche mutamenti legislativi e sociali in questa direzione. Negli anni settanta c'è stato un vero e proprio scontro tra chi condivideva la prospettiva dell'integrazione e chi era contrario, e tale conflittualità era legata soprattutto alla necessità di capire le conseguenze e gli effetti di questo radicale cambiamento di atteggiamenti. Cosa si sarebbe guadagnato, ad esempio, inserendo un bambino disabile in una scuola di normodotati? Percorsi così complessi sono molto difficili da sviluppare, soprattutto se prevedono un cambiamento di mentalità. A tale proposito, Andrea Canevaro sottolinea la difficoltà del processo di comprensione ed accettazione: al tempo solo in alcuni casi si è verificata la vera e propria voglia di comprendere le situazioni, in altri invece ha prevalso più la voglia di difendersi e di voler ergere barriere verso il diverso.
In seguito all'evolversi del proprio pensiero e degli studi nell'ambito della pedagogia speciale, si nota però un progressivo abbandono da parte di Canevaro e degli altri studiosi di pedagogia speciale della parola "integrazione": tale termine rimarca infatti l'esistenza di un contesto o ambiente con determinate caratteristiche e parametri di "normalità ", a cui viene "integrato" qualcosa di diverso, che prima non c'era, e che viene adattato al contesto preesistente. Quando si "integra", per definizione, ci si riferisce infatti all'inserimento di qualcosa di esterno in una realtà già formata e preesistente. In quest'ottica, non vengono valorizzate le differenze come una naturale varianza dell'umanità, ma sembra che la persona disabile sia un corpo esterno inserito in una società composta da normodotati avente di fatto caratteristiche proprie. Si è passati quindi dal termine integrazione a quello di inclusione. Questo termine amplia l'approccio, inserendo la diversità (e la disabilità) nella naturale variazione delle personalità umane: non si tratta di qualcosa di esterno o da inserire in una società già esistente, cambiando qualcosa, ma fa parte della società stessa. Un elemento incluso in un gruppo, per definizione, fa parte di quella realtà esattamente come tutti gli altri. Agire in prospettiva inclusiva non significa dimenticare o sopprimere il deficit. La menomazione, fisica o mentale, rimane una componente della persona disabile, ma tale caratteristica non serve a rimarcare una diversità rispetto alla maggioranza: si tratta piuttosto dell'espressione della naturale diversità umana.
Handicap e ambiente
Le riflessioni esposte finora portano senza dubbio alla necessità di approfondire la prospettiva di Andrea Canevaro rispetto ad un tema ricorrente, ossia quello della disabilità. Secondo il pedagogista, la “situazione di handicap” non considera primariamente il danno in sé, come sarebbe facile presupporre, ma si tratta di un concetto multifattoriale, strettamente collegato anche al contesto storico, culturale e ambientale: la situazione di handicap si costituisce infatti dalla combinazione di molti elementi. La disabilità è frutto dell'interazione di diversi fattori: vi è senza dubbio una componente personale, legata al deficit in sé, ma tale aspetto si può esprimere in molti modi a seconda delle caratteristiche del contesto con cui ci si relaziona. Canevaro parla di “vettore di handicap” in quanto la disabilità è l'insieme della menomazione fisica o psichica e delle conseguenze che una situazione socioculturale aggiunge ad essa. Il contesto può infatti aumentare o ridurre le difficoltà per una persona disabile a seconda di come si presenta: possono esserci dispositivi materiali che facilitano o inibiscono la persona disabile (discese o scalini, ascensori o scale, percorsi per ipovedenti…), ma anche atteggiamenti valori e comportamenti possono influire sul grado di disabilità di una persona. Si tratta quindi di una condizione dinamica, che dialoga con il contesto e che può assumere caratteristiche differenti a seconda delle risposte che la realtà restituisce alla persona stessa. È possibile quindi agire sul contesto diminuendo le barriere alla partecipazione: l'educatore, o la società in genere, può agire su caratteristiche ambientali al fine di creare un contesto inclusivo che faciliti la partecipazione di tutti, anche di chi ha caratteristiche psicofisiche diverse dalla maggioranza. Canevaro si è impegnato in prima persona nel campo della riduzione dell'handicap, riaffermando in diverse opere che si potrebbe parlare di "portatore di deficit", o di come la persona disabile venendo al mondo trovi un handicap esterno, che risulta essere il prodotto del deficit e dei suoi effetti derivati dalle risposte dell'ambiente e dalla psicologia dell'individuo. Lavorare per la riduzione dell'handicap significa allora ricercare l'elemento dato, che è il deficit, e scoprire come tutte le altre variabili possono essere ridotte.
Handicap e identità
Importanti riflessioni nell'ambito della pedagogia speciale riguardano poi il senso di identità della persona disabile.[24] Andrea Canevaro ritiene che l'identità sia uno degli aspetti più interessanti da considerare quando si opera a contatto con persone disabili. Queste ultime possiedono, secondo l'Autore, un'"identità plurale", non statica, aperta ad accogliere sempre nuovi elementi. Troppo spesso, quando ci si relaziona con persone affette da disabilità, si rischia di semplificare troppo la loro identità, senza considerarne la complessità. Un errore di questo tipo porta a rapportarsi con la persona disabile usando tecniche e approcci specifici e prestabiliti per ciascun deficit (ad esempio in condizione di cecità si pensa quasi sempre e solo al Braille). In una interpretazione di questo tipo, l'identità del disabile viene intesa come assoluta, cioè statica e strettamente legata alla "categoria" determinata dal deficit. Sembra quasi che si ricerchi per la persona disabile una identità "normale", cercando di "minimizzare" il soggetto disabile utilizzando tutte quelle tecniche che possono renderlo più conforme alla normalità. L'identità assoluta e identità della normalità costituiscono, secondo l'Autore, la tragedia dell'identità: un approccio di questo tipo impedisce infatti di vedere la persona nella sua unicità, per ciò che veramente è, andando oltre i preconcetti.[25] L'Autore continua poi col concetto di pregiudizio, e sostiene come a volte siano il nostro credere e le nostre certezze a determinare la qualità della relazione interpersonale e la percezione che il soggetto disabile ha di se stesso: spesso gli atteggiamenti che si assumono con le persone disabili sono fortemente influenzati da stereotipi e pregiudizi riguardo all'handicap, dalle paure e dalla disinformazione legati a ciò. Tali relazioni vengono infatti vissute con un atteggiamento spesso pregiudizievole e generalizzato, e non di rado rischiano di assumere un carattere drammatico o tragico. Non si guarda a come la persona è realmente, ma la si considera soltanto in base ad "etichette preformate" e generali. Riprendendo le parole dell'Autore, significative nel delineare meglio il concetto, oggi si tende a guardare l'handicappato con uno sguardo "oscuro, tetro", perché la sensazione primaria è quella di paura. Tale emozione può derivare da aspetti legati primariamente alla fisicità, che può rendere difficile l'identificazione di un “normodotato” con una persona disabile. Ma vi sono anche motivazioni più complesse legate alla paura del diverso in un ordine più astratto: nella persona handicappata si può infatti immaginare la storia di una persona che ha subito profondi difficoltà, facendo pensare a un futuro molto negativo e predestinato. Si tratta di concezioni fortemente radicate, che influenzano i comportamenti e le relazioni interpersonali con chi è portatore di handicap, anche in una società che cerca di favorire l'inclusione: è infatti estremamente difficile per i "normodotati" identificarsi in una persona disabile, e in questo non ha di certo aiutato la lunga storia di segregazione ed esclusione sociale già citata. È necessario quindi agire sulla società, far conoscere il diverso come una delle tante espressioni della vita umana: solo in questo modo sarà possibile affrontare le paura e i pregiudizi legati ad esso, rendendo l'handicap una delle naturali espressioni della vita umana, e non più una condizione umana di "serie B".